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cosa servono le micro sd

A cosa servono le micro sd

Per chi ancora non lo sapesse, le schede micro sd servono principalmente per archiviare dei file e ogni scheda micro sd può essere connotata da caratteristiche tecniche diverse, per questo oggi esistono diversi tipi di schede micro sd. In uqesta sede vedremo soprattutto cosa sono e come funzionano le micro sd. Poiché lo scopo della produzione delle schede micro sd è quello di archiviare dei file, significa che la loro ideazione è legata prima di tutto alla possibilità di espansione della memoria dei cellulari, quelli però di nuova generazione che sono ricchi di funzioni multimediali. Eppure oggi le schede micro sd si possono facilmente usare anche per i cellulari ma non solo per loro, infatti, ci sono diversi apparecchi elettronici che possono usufruire della memoria espandibile delle micro sd.

Prima di tutto bisogna chiarire com’è fatta una scheda micro sd: il loro nome deriva proprio dalle loro dimensioni minime, micro appunto, che di solito non superano i 15x11x1 millimetri, e le schede micro sd meno capaci sono caratterizzate da una capacità di almeno 2 Mb, poi in realtà queste micro sd possono arrivare anche a raggiungere i 128 Gb, il che significa essere dotati di una memoria espandibile decisamente enorme. Sul mercato esistono micro sd di vari ‘tagli’ e a seconda della capacità di memoria ci sono quelle chiamate high cpaacity, che arrivano al massimo a 32 Gb, e ci sono anche quelle dette extended capacity, la cua capacità minima parte da ben 64 Gb e la massima capacità può raggiungere addirittura 2 Tb. Quando sono state immesse nel mercato, queste schede hanno subito riscosso un micro successo perché venivano vendute a costi decisamente troppo alti che solo in pochi potevano permettersi.

Solo dopo un po’, tra la domanda dei consumatori e la grande capacità di memoria a disposizione, sono diventate talmente comuni da poter essere acquistate da tutti, e tutti oggi usano almeno una microsd per il proprio cellulare o per un qualsiasi dispositivo elettrico che ne può usufruire. Grazie anche al successo di tablet e di smartphone, oggi le schede micro sd si trovano ovunque non solo nei negozi specializzati e soprattutto a prezzi decisamente convenienti rispetto a una volta. Oggi la tecnologia ci è venuta talmente incontro che esistono diversi tipi di micro sd tanto che chi non è troppo esperto potrebbe avere problemi a scegliere e districarsi nella vasta gamma di modelli di micro sd esistenti.

Cosa si fa con le micro sd

Proprio perché oggi utilizziamo molto più di prima i cellulari, gli smartphone ei tablet, sono necessari spesso espansioni e le micro sd ci vengono incontro: le diverse case di produzione hanno messo in commerci diverse micro sd dallo standard particolarmente evoluto al punto che ogni volta che vengono introdotte sul mercato delle nuove micro sd dalle capacità maggiori, le schede dalla capacità inferiore vengono subito tolte di mezzo, ecco perché oggi chiedere a un negoziante una scheda di 2 o 4 Gb significa metterlo in difficoltà perché si tratta di schede micro sd dalle capacità ormai introvabili, e anche se lo fossero, forse il loro prezzo proprio a causa della rarità, potrebbe risultare ben più alto di una moderna micro sd di capacità superiore. Prima di acquistare una micro sd, quindi, bisogna capire che utilizzo si intende farne ovvero se serve per un’espansione del cellulare, del tablet o dello smartphone. Inoltre, il costo tra le micro sd cambia in base alla capacità e alla classe delle stesse e ormai è sempre più difficile scegliere una micro sd in base al costo.

La chiavetta usb e la sua utilità

Ormai non si può più farne senza soprattutto da quando i dispositivi mobile sono aumentati di numero permettendo anche di effettuare azioni che prima si potevano sognare solamente: la chiavetta usb è diventata proprio per questo indispensabile a chi ha bisogno di salvare file o di portarli sempre con sé. Vediamo insieme le mille utilità della chiavetta usb. Probabilmente oggi sono in pochi a chiamarla ancora chiavetta usb, dato che questo piccolo e portatile dispositivo è più conosciuto con il nome di pen drive, e si tratta più che di un dispositivo vero e proprio di un supporto informatico che non manca nelle borse o nelle tasche degli utenti più tecnologici. Infatti, ormai tutti usano a casa o in ufficio una chiavetta usb, prima di tutto perché si è rivelata fin da subito un supporto molto pratico da usare e maneggevole, ma la ragione principale è legata alla semplicità di utilizzo che permette praticamente a chiunque, che sia esperto o neofita del computer, di poterla sfruttare.

La chiavetta usb, infatti, serve principalmente per l’archiviazione o memorizzazione di diversi tipi di file e se collegata a un dispositivo mobile o al computer permette il trasferimento di questi file da un supporto all’altro in modo rapido e indolore. Infatti per la chiavetta si tratta semplicemente di un’archiviazione di dati temporanea, proprio perché questi ultimi verranno poi ricopiati o trasferiti direttamente su un dispositivo principale, come un computer, ma anche su uno smartphone o su un tablet. Accade sempre più spesso, per esempio, di dover trasferire file di lavoro da un computer all’altro dell’ufficio o dal proprio computer in ufficio a quello che si utilizza a casa per poter continuare il lavoro durante trasferte e fine settimana e non c’è niente di più pratico che farlo tramite la chiavetta.
come usare la pen drive

Talvolta è possibile che la chiavetta venga usata anche per un’archiviazione dei file più lunga nel tempo, perché magari si tratta di dati che servono per un certo periodo o che vengono rielaborati da più persone per cui il supporto della chiavetta si rivela utile per non doverli salvare su un supporto fisso. Sebbene oggi si possano utilizzare anche piattaforme di condivisione di file, la chiavetta resta un mezzo molto usato soprattutto se i file sono numericamente pochi. Infatti, la condivisione in spazi virtuali è più idonea per moli di dati particolarmente gravose che, appunto, non si potrebbe condividere con una semplice chiavetta o per dati che devono essere consultati da più di due persone dello stesso ufficio o reparto. In ogni caso la pen drive usb si rivela un sistema infallibile di trasmissione dei dati. Viste le sue dimensioni particolarmente mini, la pen drive può essere portata ovunque con sé in modo facile e comodo senza dover prendere troppe precauzioni, inoltre è molto sfruttata anche per una memorizzazione dei file se non si dispone di abbastanza spazio sull’hard disk del proprio computer.

Dimensioni…

Le sue dimensioni permettono di attaccare la pen drive anche al portachiavi, di metterla in borsa o anche in tasca senza correre il rischio di perderla e portando sempre con sé quando servono, le informazioni in essa contenute. Oggi inoltre, sulle pen drive è possibile salvare centinaia di programmi subito pronti da usare e che si possono anche installare sul dispositivo principale perché non si hanno più problemi di capacità: ci sono diversi modelli di pen drive sul mercato che possono ospitare giga e giga di file e quindi anche software più pesanti possono essere salvati su una pen drive che gode di una capacità di diversi gigabyte.

rivoluzione del lettore blu ray

La rivoluzione del lettore blu ray

In mercato oggi esistono svariati modelli di lettori blu ray e quando si decide di acquistarne finalmente uno non si ha che l’imbarazzo della scelta, che può essere anche difficile se non si è molto esperti in tecnologia e quindi bisogna capire quali sono le caratteristiche ideali per trovare il lettore blu ray più adatto alle proprie esigenze. Finalmente si è deciso di passare al blu ray, una nuova tecnologia di dvd che permette di vedere film più che ad alata definizione. Oggi si può scegliere tra modelli di lettori blu ray diversi ed è possibile più facilmente trovare quello più idoneo a soddisfare le proprie esigenze e soprattutto accoppiare il lettore blu ray a un televisore ad alata risoluzione significa poter usufruire delle potenzialità dell’uno e dell’altro dispositivo che si desidera guardare un film in tutto il suo splendore.

Lo standard della qualità dei lettori blu ray tende ad alzarsi di anno in anno sempre di più perché le case produttrici offrono sul mercato prodotti di una qualità sempre maggiore, ecco perché ormai il lettore blu ray è diventato un mezzo indispensabile per potersi godere nel migliore modo possibile un ottimo audiovisivo. Il lettore blu ray permette di ottenere una qualità video decisamente superiore alla media perché offre un dettaglio maggiore e una riproduzione di colori alta e quanto più fedele possibile all’immagine originale, ecco perché per la scelta del proprio lettore blu ray bisogna comprendere prima le caratteristiche tecniche che si pretendono dal lettore stesso e quindi scegliere quello che si reputa più adatto da collegare al proprio televisore.

Ormai un dispositivo come il lettore blu ray è sempre più entrato di diritto nelle case dei più appassionati della tecnologia che vogliono avere la soddisfazione di godersi delle immagini video perfettamente nitide su uno schermo anche piccolo. Infatti, il lettore blu ray consente di vedere video di qualità superiore, dai dettagli e dai colori particolarmente fedeli.

Perché usare un lettore blu ray

Per potersi godere davvero uno spettacolo video fuori dal comune è necessario munirsi di un bel lettore bluray che consenta di vedere anche i più minimi dettagli in alta risoluzione di un immagine: oggi infatti, la risoluzione video che un lettore blu ray offre è uguale a 1080×1920 pixel, e ciò equivale al formato più alto attualmente disponibile per il mercato dell’home video, eppure per poter avere a casa propria il lettore blu ray migliore, bisognerebbe considerate anche altra caratteristiche come per esempio la dotazione di un’uscita audio-digitale ottica, di porte in uscita audio-analogiche e inoltre, uno dei vantaggi dei lettori blu ray è che sia che si colleghi a un bel televisore ad alta definizione oppure a un televisore 3D, sarà sempre possibile ammirare un video assolutamente pulito e nitido. In genere però si preferisce l’abbinamento blu ray con tv full hd, perché si ha più la sensazione di potersi godere appieno tutte le potenzialità del lettore che consente non solo di godersi un film ad alata risoluzione, ma anche di realizzare in casa un vero e proprio sistema home theatre degno del migliore dolby surround cinematografico.

videogames e se facessero bene

Videogames: e se facessero bene?

Un recente studio ha dimostrato che giocare ai videogames non fa male, al contrario ha effetti positivi sulle persone, e allora perché ci sono sempre coloro che li demonizzano e che, forti di altrettante ricerche e studi, escludono dalla propria vita chi ci gioca regolarmente?

Videogiochi che passione!

Mai pensato che giocare ai videogiochi faccia bene? Checché se ne dica in giro, una nuova e recentissima ricerca ha confermato come i videogiochi facciano bene, quindi basta preoccuparsi per chi sta le ore attaccato alla console? Questo è da vedere. Oggi come oggi un giocatore medio trascorre circa 3 miliardi di ore alla settimana davanti ai videogiochi e ciò, preso un dato più ristretto e specifico, significa che un ragazzo di 21 anni ha già passato circa 10 mila ore davanti allo schermo di un pc, ovvero ben 416 giorni.

Una massiccia esposizione ai videogiochi di cui solo recentemente gli studiosi iniziano a comprendere gli effetti sul cervello umano. Per approfondire la questione quindi, i ricercatori hanno voluto condurre uno studio su un gruppo di giocatori adulti che almeno per sei ore la settimana si piazzano davanti a uno schermo dedicandosi al proprio gioco del momento. Che cosa si è evinto da questo studio? Che chi preferisce i giochi di azione acquistano e sviluppano un’abilità di attenzione visiva migliore rispetto agli altri: in pratica acquisiscono una maggiore capacità di analisi dello spazio e hanno una reazione più rapida agli stimoli visivi e quindi sono più reattivi rispetto a chi non gioca o chi preferisce altre tipologie di videogames.

Quando i videogiochi fanno bene

In questa nuova ricerca però è stato evidenziato anche un altro nuovo fattore altrettanto importante: è stato rilevato che i giocatori sfruttano strategie di navigazione che coinvolgono di più il sistema di ricompensa cerebrale da cui dipende il comportamento di un individuo, e usano di meno il sistema della memoria spaziale, situato nell’ippocampo. Questi studi quindi hanno dimostrato come nei giocatori che si affidano di più a strategie che sono prettamente legate al nucleo caudato, sede del sistema di ricompensa cerebrale, si rileva una minore attività cerebrale nell’ippocampo.

Ciò significa che mettersi davanti allo schermo della tv per giocare potrebbe compromettere l’attività dell’ippocampo rendendo più alto il rischio di contrarre disfunzioni neurologiche come il morbi di Alzheimer? Dura a dirsi per ora anche da parte degli scienziati, fatto sta che tale ricerca non mira a bandire i videogiochi come altri studi hanno finora fatto: sono infatti, necessarie altre indagini più specifiche per capire se effettivamente alcuni tipi di videogiochi possono compromettere le funzionalità dell’ippocampo così da bandire solo quelle tipologie.

games italiani puntano tutto sulla creativita

Quando i games italiani puntano tutto sulla creatività

Vi siete mai chiesti a che punto è l’Italia dei videogame rispetto al resto del mondo? I videogiochi più popolari a livello globale provengono da Stati Uniti o Giappone, eppure anche i videogiochi made in Italy cercano di superare i propri confini e di andare oltre.

Tra passione e desiderio di rivalsa: ecco i game developer italiani

I videogiochi italiani di prossima uscita o in produzione sembrano non avere nulla da invidiare ai maggiori competitor del settore in cui gli italiani non sono interessati a testimoniare quel tipico tocco italiano che ci contraddistingue in altri campi a livello mondiale né attraverso il gioco si intende affermare la solidità della produzione tricolore: il vero intento e desiderio dei game designer nostrani è quello di creare qualcosa di diverso e di staccarsi dalla massa di videogiochi attualmente presenti sul mercato.

Creare qualcosa di coraggioso e che possa servire a livello sociale incidendo sulle vite di quanti ci giocherebbero: è questa l’aspirazione degli italiani del gioco che, in barba a mode e tendenze globali, producono games in cui protagonisti sono ricoveri psichiatrici in soggettiva, simulatori di rivoluzione personalizzabili, gare d’auto per non vedenti e non si tratta di stravaganze né di stranezze realizzate apposta per ‘accalappiare’ finanziamenti da una multinazionale globale.

Quando non è il mercato a fare il gioco

Se da una parte il nostro paese compra videogiochi per quasi 1 miliardo di euro all’anno, dall’altra i nostri sviluppatori non riescono ad affermarsi come meriterebbero dato che sono pochi coloro che vantano ricavi oltre le sei cifre. A questo bisogna sommare un’industria del gioco non proprio strutturata tanto che diversi sono i punti critici da poter obiettare come la formazione o la regolamentazione fiscale non ancora adatta, nonostante tutto però i nostri game developer non si arrendono e propongono le loro idee sotto forma, s’intende, di videogames per cercare una propria strada dato che i loro giochi vogliono far tutto tranne che emulare o seguire la scia di quelli più commerciali.

Insomma, c’è da parte dei nostri sviluppatori il desiderio e la volontà di imporre altro, un qualcosa di diverso che si contraddistingua per l’unicità dei temi e degli stili: i due esempi più evidenti di questo pensiero diverso sono titoli quali Murasaki Baby, sviluppato da Ovosonico, e Nero, prodotto da Storm in a TeaCup, che sembra essere stato particolarmente apprezzato anche all’estero. Ciò vale anche per giochi in cui sono più piccole le risorse e gli investimenti ma in cui grande è l’azzardo e la novità, come The Town of Light, frutto di oltre due anni di lavoro dello studio indipendente Lka.it, che racconta in prima persona di una 16enne internata all’ex ospedale psichiatrico di Volterra, uno dei più grandi e discussi in Italia. In pratica, attraverso queste diverse realtà ludiche, in Italia si cerca di fare qualcosa di diverso e di cercare un rapporto di interazione con la realtà, quella che è stata e quella che è attualmente.